IL BEATO PAOLUCCIO TRINCI

Breve profilo biografico

In una lettera del 22 giugno 1374 il papa Gregorio XI parla dei seguaci di Paoluccio Trinci come di un esempio da imitare per austerità di vita e sincerità di spirito. Il gruppo di oltre cinquanta frati, che si affidavano totalmente alla Provvidenza e desideravano vivere nel silenzio, nella preghiera e senza possedere alcuna cosa, vestiti di una semplice tunica, cinta da un cordone e con rustici zoccoli ai piedi, tanto da essere chiamati zoccolanti, si era formato progressivamente intorno a Paoluccio Trinci, dell’ordine dei frati minori osservanti. I Minori della nuova famiglia dell’Osservanza ricercavano la povertà e la vita eremitica e soprattutto il rispetto rigoroso della prima regola e del testamento di Francesco e offrivano la disponibilità al ministero pastorale, svolto dopo aver fatto profonda esperienza di Dio, nella preghiera intima e nella semplicità dei rapporti con i confratelli. Tutti i grandi predicatori del XV secolo nascono da questo ceppo; le cosiddette quattro colonne dell’Osservanza: san Bernardino da Siena, san Giacomo della Marca, san Giovanni da Capestrano, il beato Alberto da Sarteano.

Paoluccio sentì forte il bisogno di tornare alla preghiera personale contemplativa e si fece portatore di un nuovo modello di devozione per cui l’esperienza comunitaria  di  Dio,  vissuta   nei  conventi,  cedeva  il posto all’esperienza di Dio vissuta in modo personale. A partire  dal  1388  fra Paoluccio cominciò ad interessarsi anche di un gruppo di religiose affascinate dalla sua riforma e le fece risiedere nel monastero, fatto costruire appositamente a Foligno. Le religiose, appartenenti al Terzo Ordine, vivevano nel rispetto delle regole dell’Osservanza: povertà, preghiera contemplativa, intimità fraterna, vita eremitica e senza clausura ai margini della città. Tale comunità si identifica con quella del monastero di Sant’Anna, che da quel momento ha mantenuto con fermezza lo stesso stile di vita e lo stesso luogo di residenza.

Paoluccio, nato nel 1309 da Vagnozzo Trinci e da Ottavia Orsini, a soli 14 anni sceglie la vita religiosa ed entra nel convento di San Francesco in Foligno, pur rimanendo per umiltà laico e converso.

Nel 1368 chiede ai suoi superiori di ritirarsi nel piccolo convento di Brogliano, nei pressi di Colfiorito, compreso nei possedimenti della famiglia Trinci. Il piccolo convento, che gli viene generosamente donato, si arricchisce di nuovi ambienti, una chiesina e parte del bosco circostante. Insieme a pochi compagni conduce una esperienza eremitica durissima, dando concretamente l’avvio al movimento dell’Osservanza. La comunità che via via si era formata si stabilisce poi a  San  Bartolomeo  di  Marano,  sulle colline sopra Foligno, in  modo  che  i  frati,  pur  restando  isolati, fossero potuti scendere anche in città ad esercitare la loro azione apostolica. In questo luogo, avuto in dono dal  cugino  Ugolino  Trinci,  Paoluccio  fa  sorgere  un vero e  proprio convento ancora oggi testimone del suo ruolo cardine nel movimento dell’Osservanza. Nel chiostro, infatti, sono ben visibili affreschi con episodi legati alla vita di Paoluccio Trinci  e alla profonda riforma da lui attuata.

All’Osservanza di Paoluccio aderiscono nel 1373 numerosi conventi dell’Umbria: Brogliano, le Carceri di Assisi, Monteluco, Giano dell’Umbria, Eremia di Cesi, la Scarzuola presso Orvieto, Montegiove della Spineta nell’area di Todi, Stroncone, Greccio, Fonte Colombo e Poggio Bustone.

Nel 1391, ormai quasi cieco, Paoluccio vuole tornare al convento di Foligno dove aveva preso l’avvio, per volontà dei confratelli Giovanni della Valle e Gentile da Spoleto, la riforma dell’Osservanza. E’ noto l’atteggiamento di approvazione da parte del Vescovo di Foligno Paolo Trinci, nei confronti di questa linea di rinnovamento, proposta fin dal 1350 proprio da Gentile da Spoleto. Il 17 settembre 1391 Paoluccio muore e viene sepolto nel convento di S. Francesco in Foligno. In seguito il suo corpo, segretamente trasportato nella chiesa di S. Salvatore a Verchiano, viene deposto in un austero sarcofago che ancora oggi ne onora la memoria.

 

 

A cura di

Rita Fanelli Marini - Giorgio Barnocchi

 

 

 

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